HOBBES

  

Thomas Hobbes è vissuto in uno dei periodi più instabili e sanguinosi della storia inglese, è assertore convinto dell’assolutismo regio, ovvero la concezione secondo cui al re spetta il potere assoluto, visto come l’unico baluardo contro l’inevitabile disordine a cui la società andrebbe incontro senza un governo monarchico che assomma in sé tutte le prerogative del dominio. 

Hobbes compie in prima persona l’esperienza dell’individualismo e dell’aggressività di cui è capace l’animo umano. Egli dichiara di essere “fratello gemello” della paura in quanto sua madre lo partorì prematuramente a causa dello spavento provato dalla notizia dell’arrivo in Inghilterra nel 1588, dell’invincibile armata. Durante la sua esistenza Hobbes assiste ai fatti drammatici che colpiscono il suo paese, come lo scontro tra il parlamento e il sovrano (rivoluzione inglese) culminato in una vera e propria guerra civile.Nel 1640 Hobbes abbandonò l’Inghilterra per il timore che le sue idee filo-monarchiche potessero suscitare dure reazioni da parte dei sostenitori del parlamento e si rifugiò in Francia.

Una situazione personale e pubblica così difficile contribuì certamente ad indirizzare il pensiero di Hobbes verso l’aspirazione alla pace, che secondo il filosofo deve essere perseguita tramite la certezza dell’applicazione della legge e un potere forte. Ma, il suo progetto politico nacque anche da una visione pessimistica dell’essere umano, giudicato fondamentalmente egoista, avido e violento.

Homo homini lupus “Ogni uomo è lupo per l’altro uomo“: Questa concezione negativa della natura umana porta Hobbes a descrivere l’uomo come un essere alla mercé del proprio interesse personale, un sentimento che in assenza di regole e di una forma superiore di controllo, gli impedisce di riconoscere limiti naturali al suo agire.

Secondo il filosofo inglese, in un’ipotetica condizione di limitata libertà individuale, tutti gli uomini sarebbero uguali: nessuno sarebbe tanto forte da non aver paura di essere sopraffatto dall’altro. 

Il filosofo mira, ad elaborare una dottrina politica sulla cui base organizzare una comunità civile ordinata e pacifica: l’assunto di partenza è che sono proprio i meschini sentimenti che governano l’animo umano: il timore degli altri, la debolezza e l’egoismo.

Hobbes tende quindi a dimostrare come l’assolutismo politico sia una necessità logica e razionale.

Tutta la dottrina di Hobbes è incentrata sulla convinzione secondo cui gli individui sono animati dall’egoismo e mossi ad agire in vista del proprio interesse personale, in una condizione di perenne conflitto di tutti contro tutti. Tale concezione deriva dalla prospettiva materialistica con cui Hobbes guarda all’uomo considerandolo un essere interamente naturale corporeo: per il filosofo, infatti, non solo le funzioni fisiologiche ma anche quelle mentali possono e devono essere spiegate in termini esclusivamente materiali. 

Nel leviatano Hobbes precisa che ogni conoscenza deriva dei sensi. La sensazione è spiegata in termini di movimento dei corpi. Essa nasce da un moto sollecitato dagli oggetti esterni negli organi di senso e attraverso i nervi, nel cervello. L’apparato percettivo dell’uomo reagisce producendo le immagini degli oggetti, ossia la rappresentazione delle loro qualità. Tali immagini, permanendo la memoria e collegandosi ad altre immagini sensibili formano l’immaginazione, la quale non è nulla di immateriale in quanto si limita a connettere le sensazioni. In una celebre pagina del leviatano la ragione viene descritta come suprema facoltà del conoscere secondo il modello matematico, come una facoltà che calcola o attività computazionale. Tale procedura vale per i numeri e la logica ,ma è anche estesa a tutto lo scibile, dalle lettere alle arti alla scienza politica.

Nella prospettiva gnoseologica la la scienza viene colta come una costruzione artificiale, di carattere logico e linguistico. Hobbes pensa che la scienza non rispecchi la realtà, ma soltanto un reticolo di concetti convenzionali. L’uomo, non può conoscere le cause dei fenomeni, perché l’autore del mondo fisico è Dio; Secondo il filosofo, non si ha una vera conoscenza della natura e la ragione non può elaborare il concetto individuale delle cose. Al contrario, l’uomo può conoscere scientificamente la politica in quanto questa costruzione totalmente umana. La ragione può soltanto definire i concetti, compararli, sommarli, sottrarli e generalizzarli e lo fa attraverso l’uso del linguaggio, che è la più straordinaria e proficua invenzione dell’uomo. L’invenzione della stampa se comparata con l’invenzione dell’alfabeto non è gran cosa. È grazie al linguaggio che possiamo pensare ed esprimere il nostro pensiero.il linguaggio svolge due importanti funzioni: 1) serve a designare le cose, in modo tale che l’uomo possa ricordarle richiamare alla memoria (funzione mnemonica). 2) serve a far comprendere agli altri le cose che pensiamo e le connessioni che abbiamo stabilito fra di esse.

Le parole hanno il compito di indicare i concetti delle cose. 

L’universale è una generalizzazione che si ottiene proprio attraverso i nomi; un nome universale è attribuito a molti elementi, per loro somiglianza rispetto qualche qualità o particolarità. Mentre un nome proprio evoca la mente una cosa sola, gli universali ne richiamano molte. Sono proprio le parole che consentono alla ragione umana, intesa come macchina calcolatrice, di operare quella generalizzazione necessaria la costruzione dell’edificio della scienza e più in generale della conoscenza.

Per Hobbes il pensiero, la volontà e le emozioni sono riconducibili alla materia corporea, all’azione dei sul cervello e alla reazione di quest’ultimo, che mette in moto il corpo. Anche l’anima non è che corpo: il corpo è l’unica realtà il movimento l’unico principio di spiegazione dei fenomeni naturali. In questa prospettiva materialistica, perfino i concetti di bene di male, e sentimenti che ne derivano sono riconducibili alla corporeità. Il bene è ciò che l’uomo desidera, il male e ciò che egli respinge: il bene favorisce la conservazione fisica dell’uomo, il male minaccia la sopravvivenza. 

Connesso al materialismo antropologico ed etico è il determinismo della volontà sostenuta energicamente da Hobbes in una celebre polemica. Egli afferma che si può parlare solamente di libertà di fare ciò che la volontà ha deciso, ma di libertà di volere. La volontà non è libera, ma è intrinsecamente necessitata da motivi che dipendono da oggetti esterni all’uomo . L’uomo agisce sempre necessariamente perché è mosso dall’appetito o dal timore infatti questi ultimi sono due stimoli necessari e naturali a cui la volontà umana non può sottrarsi. Ma tale volontà, in questo come in tutti gli altri casi, è mossa da cause o ragioni a cui non può opporsi (in particolare, l’istinto di sopravvivenza).




sintetizzando la dottrina di Hobbes possiamo dire che l’uomo è un essere materiale, dotato di una ragione intesa come facoltà calcolatrice è mosso da pensieri egoistici. Hobbes afferma che gli individui non possiedono un naturale istinto socievole o amorevole verso gli altri, essendo piuttosto dominati da sentimenti quali il bisogno e il timore. Tali passioni caratterizzano per il filosofo lo stato di natura ovvero la condizione originaria antecedente la formazione della società, in cui regna la guerra di tutti contro tutti: in essa ogni persona mira a procurarsi ciò che serve la propria sopravvivenza e autoconservazione. In tale contesto non esiste limitazione al diritto dell’individuo, in quanto ciascuno può possedere, usare e godere di tutte le cose che vuole e che sono a portata di mano e dunque è inevitabile la sopraffazione reciproca: ognuno è nemico dell’altro.

L’ostilità, il conflitto, la violenza e la sopraffazione reciproca sono prerogative dello stato di natura. Tale condizione non costituisce una realtà effettiva e pienamente realizzata nella storia ma un’ipotesi teorica razionale su cui ciò che potrebbe verosimilmente accadere nella società umana se non ci fosse una forma di potere superiore a regolamentare i rapporti tra gli individui. 

Hobbes continua il suo ragionamento seguendo un procedimento rigorosamente deduttivo: essendo lo stato di natura caratterizzato da un’ostilità che rischia di distruggere la stessa natura umana, colui che desidera continuare a vivere in una tale condizione si contraddice poiché vuole al tempo stesso la propria vita e la propria morte. secondo Hobbes se gli uomini vogliono sopravvivere devono evitare la lotta indiscriminata di tutti contro tutti e porre dei freni al proprio diritto soggettivo e alla illimitata libertà di ciascuno; si tratta di un’esigenza prioritaria dettata da quella che il filosofo definisce la ragione naturale. Da essa, intesa come capacità di prefigurare le conseguenze degli eventi nato a provvedere alle necessità della vita, nasce il bisogno di dare origine alla società civile frutto di un compromesso tra gli individui per avere la pace ognuno deve rinunciare al diritto naturale e incondizionato che presiede alla soddisfazione dei propri desideri. E la ragione suggerisce una serie di massime, cioè delle leggi naturali tra cui Hobbes annovera in primo luogo alla ricerca della pace da cui deriva la seconda legge massima, in base alla quale ogni uomo deve rinunciare volentieri al proprio diritto su tutte le cose, accontentandosi di avere tanta libertà rispetto agli altri quanto è concesso agli altri rispetto a lui. E infine una terza legge, che determina il rispetto dei patti. infatti se non si rispettassero i patti gli uomini resterebbero nello stato di guerra. Da queste tre leggi principali derivano tutte le altre leggi come ad esempio la giustizia e la legge dell’uguaglianza. 

secondo le leggi naturali è razionale e opportuno che gli uomini sacrifichino i propri diritti naturali costituiscano una società politica civile. Essi possono stabilire un patto di unione (pactum unionis) che consiste nel dirigere ad uno stesso fine e al bene comune tutte le azioni. Ma ciò non è ancora sufficiente, poiché la convergenza di molte volontà verso il suo scopo non basta per garantire una situazione sicura e stabile è necessario dunque fare qualcosa di più perché gli uomini, una volta raggiunto un accordo per la pace e l’aiuto reciproco sotto la spinta del bene comune, siano poi costretti a non recedere da tale patto. Tra le api e le formiche, aggiunge Hobbes, il bene comune non differisce da quello privato, per cui ognuna di esse agendo per sé e procura anche il vantaggio collettivo.Al contrario, tra gli uomini il bene individuale, consiste nel primeggiare sugli altri, contrasta con il benessere comune. Gli esseri umani inoltre, a differenza degli animali hanno l’uso della ragione del linguaggio, in virtù del quale possono criticare e comunicare in pubblico le proprie idee che divergono dalle opinioni altrui. Tra gli uomini è solamente un accordo artificiale, frutto di volontà, stabilito mediante un patto.

ciò che segue al patto di unione è il patto di sottomissione (pactum subiectionis)grazie a cui gli uomini conferiscono tutto il proprio diritto la propria forza a un singolo o ad un’assemblea, in grado di ridurre i diversi voleri a una sola volontà.

il potere attribuito l’autorità, che ha il compito di emanare e di far rispettare le leggi, per Hobbes deve essere assoluto, poiché i patti senza la spada, non sono che parole, senza alcuna forza per rendere sicuro l’uomo. Allo stato assoluto il filosofo dà il nome di leviatano, il mostro marino presente nell’antico testamento per simboleggiare la potenza.il leviatano è una creatura terribile mostruosa la più temibile esistente sulla faccia della terra. Tale denominazione si giustifica secondo Hobbes perché il potere sovrano è immenso. Hobbes fece raffigurare il re proprio come un individuo sovrumano per mostrare questa concentrazione tutti i poteri nelle mani di una persona. colui che rappresenta questa autorità è denominato sovrano (individuo superiore a tutti) mentre gli altri cittadini sono detti sudditi (sottoposti). Hobbes spiega che si può raggiungere il ruolo di sovrano in due modi: 1) impiego della forza 2) un accordo tra le persone, le quali sia il soggetto in volontariamente ad un’autorità, al fine di garantire la propria sopravvivenza e autoconservazione. Quest’ultima modalità configura uno Stato politico o istituzionale mentre la prima uno Stato per autorità patriarcale o dispotico.

Il vero interesse di Hobbes è concentrato sullo Stato derivante dal patto con cui gli individui spontaneamente si uniscono e delegano i propri poteri ad un sovrano. 

Hobbes ritiene che la persona giuridica del sovrano possa essere rappresentata da un solo uomo (monarchia), da un gruppo di uomini (aristocrazia) o da un’assemblea (democrazia). La preferenza del filosofo è per la monarchia, per motivi di carattere pratico che egli sostiene con validi argomenti: 1) non c’è motivo di credere che il re agisca per il proprio interesse privato a scapito di quello pubblico. 2) il re può prendere le sue decisioni in totale segretezza, mentre nei gruppi più numerosi le fughe di notizie sono in evitabili e in tal modo informazioni importanti possono raggiungere il popolo e provocare dissensi dannose al bene comune.  3) in altri regimi, il potere di imporre le leggi non ha scritto a un’unica autorità e dunque si assiste a un continuo esplodere di conflitti che possono sfociare nella guerra civile; il monarca invece è unico e non può dissentire da se stesso spinto da invidia o interesse. 

Il potere del sovrano nella prospettiva politica di Hobbes non ha mai un termine se non con la sua morte, in quanto i sudditi, una volta stipulato il patto, non possono recedere da esso. Il monarca costringe all’obbedienza delle norme tutti i sudditi, mentre lui stesso non è tenuto a rispettarle. Non avendo personalmente aderito ad alcun patto, il sovrano resta un essere pre-sociale, che non ha abbandonato lo stato di natura che deve rispondere soltanto la propria ragione individuale. Quest’ultima induce il sovrano ad assicurare  pace e protezione ai sudditi. Il potere del sovrano è enorme, giungendo a comprendere il controllo dell’azione delle opinioni dei sudditi, punizioni in caso di disobbedienza e il divieto di ogni forma di dissenso. dal momento che poi il sovrano è la legge dunque è lui che stabilisce e la revoca, solo a lui compete la valutazione del giusto e dell’ingiusto, del bene e del male; questi criteri sono convenzioni, fondati dal patto sociale con cui si attribuisce al sovrano la facoltà di legiferare. il potere del sovrano però non è privo di limiti e ciò Hobbes lo ammette. In particolare quando gli ordini del sovrano mettono in pericolo la vita dei sudditi. Questi hanno sottoscritto un patto e si sono sottomessi al re per preservare e proteggere la propria incolumità: essi, hanno il diritto di disobbedire lì nel caso in cui comandi loro di uccidersi, ferirsi, mutilarsi, non resistere a chi li assale o li minaccia di morte. il suddito, non può rifiutarsi di andare però in guerra, quando si tratta di difendere legittimamente la patria assalita da un aggressore esterno. Per tutti gli altri casi in cui non ci sia una regolamentazione stabilita dal sovrano il suddito deve ritenersi libero di agire come meglio crede. Hobbes infine si configura come un potere autoritario e assolutistico, si deve ammettere che nei suoi risvolti più concreti, esso rivela anche aspetti meno dispotici, promuovendo l’esempio una forma di tutela del cittadino, garantito da un sistema di leggi uguali per tutti.

 

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