GALILEO GALILEI

Tra il Cinquecento e gli inizi del Settecento si assiste in Europa a un rapido progresso delle scienze, che determina non solo l'acquisizione di nuove conoscenze, ma anche l'elaborazione di un nuovo metodo basato sull'osservazione dei fenomeni naturali e sull'applicazione del calcolo matematico. Tale straordinario evento è indicato con l'espressione "rivoluzione scientifica", in quanto ha segnato una profonda trasformazione nella mentalità e nella visione              del mondo. 

I suoi protagonisti sono Copernico, Brahe, Keplero, Galilei, Bacone Cartesio e Isaac Newton. 


 La nascita della scienza "quantitativa"

Ciò che contraddistingue la scienza moderna rispetto a quella degli antichi e dei medievali è soprattutto il metodo, che  si basa su due

elementi fondamentali:

  1.   l'osservazione sistematica dei fenomeni naturali;
  2.   l'applicazione del calcolo matematico alla misurazione dei dati osservati.


la scienza acquista un elevato grado di esattezza, diventando per la prima volta "scienza quantitativa", mentre in precedenza aveva avuto prevalentemente un carattere "

"qualitativo".

La vecchia scienza aristotelica, infatti, si concentrava sulla qualità  o essenza dei fenomeni naturali.


la teoria geocentrica, sostenuta dal geografo e matematico Tolomeo (e per questo detta anche "tolemaica", tale teoria presentava un indubbio fascino, poiché attribuiva alla Terra una centralità che esaltava la dignità e la perfezione dell'uomo e favoriva la visione antropocentrica del mondo, in cui tutto era ordinato e finalizzato all'esistenza umana.

Con il passare del tempo, gli astronomi cominciarono a sollevare dubbi e perplessità relativamente a questa concezione. 

A partire dal Cinquecento, grazie alla nuova mentalità sperimentale oltre che all'impiego di strumenti tecnici più avanzati e di più rigorosi calcoli matematici, gli scienziati giunsero alla conclusione che il modello geocentrico era incapace di dar conto dei fenomeni e che era necessario abbandonarlo. Copernico per primo avanzò tale ipotesi. Galilei dimostrò con il telescopio e i calcoli matematici la sostenibilità dell'ipotesi copernicana, ma venne condannato dal tribunale dell'Inquisizione o Sant'Uffizio - un organo istituito dalla Chiesa per indagare e punire i sostenitori di teorie considerate contrarie all'ortodossia cattolica - e costretto al silenzio. Keplero perfezionò la teoria copernicana, la quale, si affermò nell'età moderna.

Gli esiti del complesso processo di edificazione del nuovo sistema, definito "eliocentrico" perché pone il Sole al centro, possono essere sintetizzati nei seguenti punti:

  •    la Terra non è né immobile né al centro dell'universo;
  •    la distinzione di origine aristotelica tra una fisica celeste, caratterizzata dal movimento circolare (perfetto) dei corpi, e una fisica terrestre, caratterizzata da movimenti imperfetti, viene rigettata, in quanto priva di valore;
  •    l'universo viene ad assumere i caratteri dell'infinità, proprio come era apparso a Giordano Bruno.


La condanna e l'abiura

Il 12 novembre 1612 il padre domenicano Niccolò Lorini condannò dal pulpito della chiesa di San Marco a Firenze l'eresia copernicana. Galileo per la prima volta si venne a trovare in seria difficoltà: non doveva soltanto difendere la libertà e l'autonomia della ricerca scientifica, ma anche se stesso.

Galileo si vide costretto, ad approfondire 'analisi della Bibbia, per chiarire la natura dei rapporti tra la fede e la scienza e contestare le accuse di eresia da parte del magistero ecclesiastico. In una lettera del 1613 a un suo fedele seguace, padre Castelli, egli sostenne che la Bibbia ha uno scopo etico e religioso, non scientifico, poiché essa vuole insegnare agli uomini non "come è fatto il cielo", ma "come si vada in cielo".

Tra scienza e fede non c'è contraddizione, ma separazione di competenze, essendo due ambiti differenti, con due linguaggi diversi, anche se riconducibili all'unico disegno del creatore.

il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano (1632), un testo in lingua volgare e in forma dialogica, pensato con la finalità di essere il più possibile diffuso e compreso da un vasto pubblico e con l'obiettivo di far trionfare la verità della scienza copernicana.

l'opera galileiana risultava blasfema e inaccettabile, Galileo fu costretto alla ritrattazione e obbligato a recitare la seguente formula:

«Abiuro, maledico, e detesto i suddetti errori ed eresie». Condannato al carcere, ottenne di poter scontare la pena prima presso il vescovo di Siena e poi nella sua casa di Arcetri, vicino a Firenze.


La critica al "principio di autorità"

Alla base del metodo galileiano c'è una serrata critica, come abbiamo accennato, al

"principio di autorità". Il sapere che si richiama a tale principio, infatti, è per Galileo un sapere libresco, una costruzione astratta e sterile incentrata sull'esegesi dei testi tradi. zionali, senza alcun riscontro nella realtà. In tale «mondo di carta» l'esperienza è nega-

ta, l'osservazione bandita, la riflessione misconosciuta e al loro posto dominano le sottigliezze verbali e il vuoto formalismo.


il sapere tradizionale è accusato da Galileo di "essenzialismo" e "finalismo". "Essenzialismo", perché ricerca l'essenza o l'intima natura dei fenomeni naturali, impresa che Galileo giudica superiore alle possibilità della conoscenza umana. "Finalismo", perché considera le parti che compongono la natura fisica come orientate all'utilità dell'uomo


Sensate esperienze e necessarie dimostrazioni

Galileo, ricorrendo a una fortunata formula, parla di «sensate esperienze», ossia di esperienze compiute mediante i sensi e, in modo particolare, la vista, che offre le maggiori garanzie

Galileo aveva potuto constatare quanto fosse importante il ruolo dell'osservazione ad esempio nella medicina, in cui, grazie alla pratica dell'anatomia, anziché studiare sui testi degli antichi, si dissezionavano i corpi degli animali e i cadaveri, per analizzare con i propri occhi la struttura degli organismi. 

il metodo galileiano non si limita a conferire valore all'esperienza sensibile e all'induzione di leggi generali dall'osservazione dei fenomeni e dei casi particolari. Per quanto questa modalità di ricerca sia prevalente in alcuni casi - come nell'elaborazione delle leggi relative ai corpi celesti, resa possibile dalle osservazioni con il telescopio -, per Galileo deve essere complementare a un altro approccio fondamentale per la ricerca scientifica: quello ipotetico-deduttivo, cioè il procedimento che consente di inferire determinate conclusioni partendo da un'intuizione di base, quindi di formulare un'ipotesi attraverso deduzioni logico-matematiche (le «necessarie dimostrazioni»). Inoltre, la stessa osservazione, non consiste in una mera raccolta dei dati empirici, poiché fin dall'inizio è mossa da un interesse teorico;

Galileo riuscì a formulare la legge secondo cui tutti i corpi cadono con la stessa velocità, qualora siano in un ambiente privo di attrito.

 soltanto grazie a una deduzione logico-matematica. Un'altra teoria che Galileo elaborò per via di deduzione razionale è il principio di inerzia, secondo cui un corpo mantiene il suo stato di moto rettilineo uniforme in assenza di attrito; essa, infatti, non potendo essere ricavata dall'osservazione diretta, doveva essere presupposta per poter spiegare "logicamente"

i movimenti dei corpi naturali.


Il ruolo dell'esperimento

Le ipotesi e le teorie devono sempre ottenere il «cimento», cioè la conferma o verifica sperimentale: è questo il terzo fondamentale elemento del metodo galileiano.

La scienza moderna, non si accontenta di un riferimento generico all'esperienza, ma invoca la necessità di creare in laboratorio le condizioni per la verifica delle ipotesi. Il metodo scientifico galileiano implica, una concezione matematica dell'universo e della natura. Tale concezione giustifica e fonda la possibilità della conoscenza umana che, nel suo procedere per osservazioni e ipotesi, rispecchia la struttura della realtà fisica.

la distinzione tra le qualità oggettive e le qualità soggettive, che in seguito saranno chiamate "qualità primarie" e "qualità secondarie". Le prime sono riconducibili ai rapporti matematici insiti nella natura stessa e sono misurabili in modo oggettivo; le seconde dipendono dalla percezione soggettiva dell'uomo, cioè esistono solo in relazione ai nostri sensi. La distinzione tra qualità oggettive e qualità soggettive ha un'implicazione di straordinaria importanza storica: lo scienziato deve spogliare la natura di ogni considerazione di carattere qualitativo e soggettivo.

Galileo può essere considerato a pieno titolo l'iniziatore della scienza moderna 


testi


in questa prima parte del brano il filosofo accenna al motivo per cui la Chiesa condanna il copernicanesimo: nella Bibbia, della quale si riconosce

'infallibilità, sono presenti alcuni passi in cui si sostiene che la Terra è immobile e il sole si muove.

Galileo mette in rilievo il fatto che le Scritture necessitano di una corretta interpretazione: per farsi capire dal pubblico incolto a cui volevano insegnare le verità  religiose, gli scrittori sacri hanno infatti sostanziato il loro messaggio di esempi ed espressioni semplici o hanno utilizzato immagini allegoriche e metafore. Le loro affermazioni, pertanto, non possono essere prese alla lettera, perché in tal modo si dovrebbero riconoscere in esse molte ingenuità e si incorrerebbe in errori e fraintendimenti. Le Sacre scritture, anche quando hanno incidentalmente parlato del mondo fisico, l'hanno fatto utilizzando quel medesimo linguaggio figurato che talvolta hanno impiegato per parlare di Dio e delle verità più alte. Il loro obiettivo è infatti quello della salvezza spirituale, non dell'indagine rigorosa della natura, e pertanto esse non si curano dei «pur» e «ristretti» significati delle parole, ma ne cercano la massima espressività al fine di far meglio comprendere la verità di fede. Galileo passa a puntualizzare il suo pensiero, giungendo a sostenere che se l'esperienza e la ragione dimostrano teorie che contrastano con le Scritture, ciò non deve creare scandalo in quanto il testo sacro non è vincolato al valore espressivo, utilizzando un linguaggio figurato. Le leggi di natura, invece, sono caratterizzate dalla necessita e quindi non lasciano margini di interpretazione. In esse, peraltro, e possibile scorgere la medesima azione divina.



I protagonisti del dialogo sono:

Simplicio, che impersona un seguace della dottrina aristotelica; Sagredo,

uno scienziato aperto alle novità e onesto; e Salviati, dietro a cui si cela Galileo stesso. Nella scena riportata da Sagredo, un valente anatomista, praticando la dissezione di un corpo, mostra come i nervi partano dal cervello e non, come sostenevano gli aristotelici, dal cuore. Stupefacente è la risposta dell'aristotelico che, rinnegando quanto vede con i propri occhi, ammette di non poter accettare tale risultato poiché contrario alla lezione di Aristotele. La polemica di Galileo non è rivolta contro Aristotele, ma contro gli aristotelici, i quali, assumendo il sistema aristotelico come intoccabile e definitivo, tradiscono lo spirito del filosofo greco, che riservava grande importanza all'indagine e alla ricerca. Al principio di autorità

Galileo contrappone le «sensate esperienze», ovvero le esperienze ottenute mediante i sensi, in particolare mediante la vista, che ci mette direttamente a contatto con l’oggetto dell’indagine La risposta dell'aristotelico Simplicio è un'esemplificazione del metodo

criticato da Galileo: esso si risolve unicamente nell'attenta e quasi "mania-

cale" esegesi dei testi di Aristotele, nella convinzione che dalla loro corretta interpretazione si possa cogliere la verità sull'universo. In base a tale pro-spettiva, infatti, se il pensatore greco ha avuto la fortuna che la storia gli ha riservato, è segno inequivocabile che le sue affermazioni sono assolutamente veritiere. Si tratta, ovviamente, di una posizione insostenibile, in quanto rifiuta l'evidenza dei fatti.

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